AMANECER ANDINO NELLA FORESTA

La foresta amazzonica è la mia seconda casa. Dico questo perché la prima sono le Ande peruviane dove sono nato, ovvero le valli basse delle Ande del nord, a José Gálvez in provincia di Celendín della regione Cajamarca. Nonostante non viva fisicamente lì, la foresta peruviana è, ripeto, la mia seconda casa perché m'incantano i suoi verdi paesaggi, i suoi fiumi, laghi, misteri, gastronomia, le sue belle donne, albe, tramonti, ecc. Tutto questo lo porto dentro il mio cuore e la mia mente.
''Amanecer Andino'' è presente nella foresta già da tempo e, precisamente, nella comunità degli indios Shipibo di Santa Teresita dove siamo andati in tre opportunità, e un paio di volte alla comunità meticcia di San Antonio.

San Antonio è una comunità di coloni meticci che vivono ai bordi del fiume Ucayali, a tre ore da Yarinacochas partendo dal Porto Callao verso il nord, e attraversando il lago di Yarinas navigando sul fiume Ucayali. Durante il periodo in cui non piove c'abbiamo da camminare mezz'ora, mentre durante la stagione della pioggia le canoe ci lasciano nella stessa comunità. Qui a San Antonio svolgiamo lezioni di rinforzo (due per il momento) portandovi professori di Lima perché compiano con i corsi. Speriamo presto di tornarvi visitando così anche le persone che abbiamo conosciuto aprendo, magari, una biblioteca anche grazie alla tua collaborazione.

A Santa Teresita abbiamo svolto varie lezioni di rinforzo, inaugurato una biblioteca per la comunità e donato oltre 30 magliette di calcio ai giovani. Questa piccola e bella comunità di 220 abitanti rimane ai bordi del lago Cashibo solcandolo verso il nord. Per giungervi si parte dalla città di Pucallpa usando prima una motocicletta o un'auto, camminare un chilometro, e infine prendere una canoa. Ma arrivarvi non è cosí semplice come sembra! Una missione svizzera che occupa tanti ettari di terreno vi ha posto un cancello elettrico. In quanto alla missione svizzera devo fare una denuncia chiamando l'attenzione delle autorità di Pucallpa e di Lima, la capitale. Questo cancello ed altri che sono stati posti lungo il percorso dalla strada verso il lago impediscono ai nostri fratelli indios di avere un transito libero, perché la missione ''Suiza y Sam'' ha stabilito i suoi orari per aprire e chiudere i cancelli (dalle 8.oo alle 17.oo) impedendo ai pescatori del lago di viaggiare presto per il mercato di Pucallpa, e ponendo così ostacoli anche ai casi di emergenza. Questo problema sussiste da anni avendo anche diviso in due la comunità al momento di reclamare giacché la missione svizzera dà lavoro, sfruttandoli, ad un gruppo di shipibos. L'altro gruppo ha già fatto denucia di questo cancello elettrico abusivo, però le autorità continuano a chiudere gli occhi davanti a questo caso. Da nostra parte crediamo di poter continuare ad appoggiare i nostri amici indios shipibo magari anche col tuo aiuto. E per il 2012 speriamo di poter organizzare lezioni di rinforzo.

Quest'anno ci proiettiamo a cercare il finanziamento per inaugurare due biblioteche:
Santo Domingo de Mashangay: Questa comunità resta 90 minuti al sud di Pucallpa, ed è raggiungibile in motoscafo lungo il fiume Ucayali, e poi a piedi o usando un motocar.
San Rafael (comunità di indios) presso Masisea: Quest'altra comunità si trova a ben cinque ore di distanza via fiume.

Tito Escalante Zelada
IL MAESTRO ARGUEDAS CI PARLA DEL LAVORO DEI MAESTRI

Ho raccolto alcuni testi con i quali José María Arguedas, come Maestro, ci parla del lavoro degli insegnanti. Le sue parole rimangono fra virgolette:

IL MAESTRO CHE INTEGRA LA PATRIA
1. “In un Paese tanto complesso come il nostro - strapieno di contradizzioni culturali, e di convinzioni diverse - la missione del maestro è, proprio qui, una cosa molto difficile, perché nel Perù l'educazione non si risolve solo grazie al metodo, ma mediante la conoscenza della cultura, dei costumi d'ogni popolo giacché siamo un Paese molto mischiato, un Paese meticcio in quanto a concezioni morali e politiche. Siamo, infine, un Paese che costituisce una mescolanza di razze e culture che non ha tuttavia finito di definirsi. Noi maestri siamo coloro che devono impulsare questa definizione e a questa integrazione di convinzioni. Quando tutto il Perù abbia più o meno una sola convinzione, almeno una da condividere, saremo patrioti. Quando ci sia una fede che ci unisca tutti. Adesso abbiamo però ventimila tipi di fedi diverse, e per questo non siamo patrioti perché non abbiamo elementi ideali ai quali partecipino tutti''.

ESPERIENZA CRITICA
2. (Quando ero studente), ''Una metà degli insegnanti arrivava a scuola con venti minuti di ritardo; ritardavano dieci minuti a fare l'appello, e per il resto sbadigliavano o dettavano qualche vecchio corso che noi alunni dovevamo andar copiando durante l'anno. L'altra metà dei professori spiegavano tutte le questioni delle loro materie seguendo l'ordine del Piano Ufficiale accingendosi a questo con fedeltà militare. E la scuola era sempre un locale grande dove noi professori e studenti ci chiudevamo dentro per studiare tante materie: Chimica, Fisica, Matematiche, Geografia, Storia, Anatomia, Botanica. Non si parlava mai di quel che accadeva, o c'era, fuori da questo locale. Del Perù conoscevamo soltanto una narrazione degli avvenimenti passati e un elenco dei suoi fiumi, laghi, montagne, province e altopiani. Durante i cinque anni della mia educazione ''Secondaria'', non leggemmo neppure un libro in classe e non s'aprirono mai dialoghi d'amicizia con i professori. Loro erano un gruppo di persone, e noi un altro completamente a parte. All'ora della ricreazione noi studenti uscivamo a giocare nel patio mentre loro, nella sala dei professori, se ne stavano là indifferenti o disturbati dal nostro rumore.
E non c'è alcun dubbio che noi studenti volessimo bene a una parte di loro che quando entravano nell'aula, questa era come una chiesa per la solennità ed il silenzio. Sarà stato per la differenza che c'era fra i fedeli ligi del programma, e gli altri che, sbadigliando o revisando le loro lettere familiari sulla cattedra, se ne approfittavano del nostro rispetto e silenzio''.

CONOSCERE IL BAMBINO
3. “Un maestro non può formare i propri alunni o mettersi in contatto con loro in maniera affettuosa ed intima quando non conosce neppure approssimativamente il loro spirito. Voi sapete bene com'è, per esempio, il comportamento dei bambini di Lima assai diverso da quello dei piccoli d'un villaggio andino. E come sono ben diversi fra loro i bambini d'un villaggio andino, e quelli d'un porto o di una popolazione creola giacché i costumi dei paesi delle Ande sono molto diversi da quelli della costa, e questa differenza è così grande che ognuno di noi se ne accorge, compreso un turista statunitense. Questo si deve al fatto che quando scendiamo dalle Ande alla costa c'accorgiamo che cambia tutto. Le case sono fatte in altro modo, l'ambiente geografico è tutt'altra cosa, e così anche gli animali, le piante ed i fiori. Nel nostro mondo andino, cioè tutto quello che ci circonda, si parla la lingua quechua mentre sulla costa non è cosí. Sulla costa troviamo una gran quantità d'elementi per le comodità, dominio della tecnica, e una grande influenza della saggezza della civiltà occidentale, europea o statunitense. In cambio, sulle Ande c'è una ben maggiore influenza degli antichi costumi facendo sì che le differenze creino persone con un altro modo d'essere.
E per un educatore, conoscere la persona che educa è chissà la cosa più importante.''

I BAMBINI DELLE ANDE: EDUCAZIONE E GIOCHI
4. “La condotta del bambino indio è condizionata anche dalla situazione, e dalla classe di lavoro, che occupano i suoi genitori nella società.
Così il bambino indio gioca, quasi senza cambiamenti, in modo d'intrattenersi realizzando le sue occupazioni d'adulto. Potremmo parlare di un tipo di gioco con una funzione, e non di pura ricreazione. Gioca imitando i lavori che svolgono i grandi: ara, arrea, ''animali'' - possono questi venir rappresentati da pietre o insetti - da portare nella ''stalla'' da lui costruita usando fango e paglia. ''Costruisce'' case, acquedotti, forni, mulini.
Nella tenuta ''Huayu Huayu'' del distretto di Huanipaca, un bambino più piccolo di me, e che aveva 13 anni, mi prese come ''aiutante''. E in vari giorni aprimmo un acquedotto che scendeva dal fosso d'irrigazione dell'orto della tenuta. Costruimmo una caduta d'acqua ben canalizzata, e un mulino di pietra.
I giochi del bambino indio delle comunità piú isolate e monolingue costituiscono non solo un mezzo d'intrattenimento biologico, ma anche sociale e pratico. Sono parte dell'educazione dato che tutto il processo di questa è irregolare anche quando concorra alla scuola ufficiale. Prepara per un'altra classe di vita che lo porterà al suo strumento sociale nativo''.

ESPERIENZA COME INSEGNANTE
5. Per molti anni sono stato professore sulle Ande e sulla costa. E vi devo confessare che quando mi fecero insegnante di grammatica o di spagnolo, era il 1939, andai subito a chiedere un programma del corso che avrei dovuto dettare, e mi trovai con la sorpresa che del programma non conoscevo quasi nulla.
Mi ero completamente dimenticato della grammatica, ma senza dubbio avevo già qualche prestigio di scrittore. Questo fatto di non conoscere come si deve la grammatica, e di essere scrittore con un sufficiente prestigio, da un lato mi dimostrò che non è cosí importante ed esclusivo conoscere appieno la grammatica per imparare a scrivere e ad esprimersi.
Se è molto importante la conoscenza della stessa materia che uno va ad insegnare, è poi importante conoscere il modo d'essere delle persone a cui si va ad insegnare, ed infine come si gli va ad insegnare.
Sfortunatamente mi perdonerete per questa frase, perché è possibile che fra di voi ci siano molti professori, ma nei centri di formazione di maestri si dà un'importanza eccessiva ai metodi senza considerare sul serio questi altri due fattori assai importanti: la conoscenza delle materie che devono essere insegnate, e, ancor di più, in che modo può un maestro avvicinarsi allo spirito dei bambini conquistando la loro fiducia, amicizia e affetto senza le quali non è possibile alcuna formazione istruttiva, e ancor meno educativa''.

DALLE ESPERIENZE DEL POPOLO
6. L'esperienza del popolo (folclore) ''può servire agli educatori come una fonte che fornisce materiale per la stessa educazione. Ancor più, può servire come informazione per conoscere lo spirito, il modo d'essere degli studenti e dei loro genitori del popolo in cui uno lavora.
Il folclore ci può servire di maniera chissà migliore che ogni altra fonte, meglio che nessun altro strumento dell'essere umano per arrivare all'intimità dei bambini, dei genitori, e del popolo del quale il maestro è un educatore. Un modello per la condotta di tutti, grandi e piccoli''

Sigftredo Chiroque Chunga (IPP)
DANZA DE LAS TIJERAS (delle Forbici).

I contadini chiamano questa danza Supay Huapasi Tusak, che significa ''danzante nella casa del diavolo''. E' stato il gran letterato José María Arguedas colui che ha soprannominato questa danza col nome ''forbici'' riportandosi a quello che i danzanti portano in mano.
Il Danzaq o Danzante di Forbici o lui che fa la danza Gala, si trova nelle regioni di Ayacucho, Apurímac e Huancavelica dove, in quest'ultima, è chiamato tusuq. Questa danza appartiene soltanto alla grande zona geografica dove si coltiva il dialetto quechua chanka.
I danzanti delle forbici discendono dai tusuq laykas che, sacerdoti, stregoni e sciamani precolombiani, durante la colonia spagnola vennero perseguitati rifugiandosi così sulle zone più alte e poi chiamati supaypa wawan (''figlio del diavolo'' in quechua).
Col trascorrere del tempo i colonizzatori spagnoli cominciarono ad accettare che questi danzanti delle forbici ritornassero ai loro paesi, ma a condizione che svolgessero ciò davanti ai santi e al dio cattolico durante le feste patronali. Questa danza cominciò così a subire vari condizionamenti dell'influenza culturale spagnola. Evidenti documenti storici affermano che nel 1600 questa danza era praticata in un'ampia zona delle Ande meridionali.
Attualmente è una danza rituale magico religiosa che con le sue coreografie rappresenta gli spiriti della pachamama, yacumama, hanaccpacha, ucupacha e altri come il wamanis.

La musica che accompagna questa danza viene suonata dall'arpa e dal violino. E si tratta di una musica che ha più volte coinvolto gli stessi suonatori a partecipare direttamente. La danza delle forbici chiede al ballerino una gran preparazione fisica e mentale perché le sue straordinarie qualità fisiche lo portino persino a salire sulla cima d'un campanile camminando su una fune. Si tratta anche di fachirismo perché non è raro che il danzante cammini sopra punte di coltelli o vetri rotti; o che si trafigga la lingua con ganci, o aghi nelle labbra, o nei lobuli delle orecchie; o che con la narice del suo naso forata da un gancio alzi un'arpa o altre cose. Oltre a tutto questo, e a giochi di magia, bisogna riconoscere che, prima di tutto, il ballerino è un artista. Si afferma che il danzante ha un patto con gli esseri soprannaturali e quel che realizza danzando è relazionato agli antichi concetti religiosi indigeni. E per questo balla il Wallpa Waqay (canto dell'uccello sacro) quando arriva l'alba, e l'agonia rappresentando la fine del giorno e l'inizio della sera con la trasformazione del suo spirito che va all'infinito. Non è troppo raro, come avvenuto in precedenza, che ballerini della danza delle forbici danzino giorno e notte manifestando un'allegoria plastica, un dramma di contenuto cosmico per poi cadere a terra morti dopo aver speso fino all'ultima energia per mettersi in contatto con l'aldilà.
Il vestito di più melodie della danza rivela una forte influenza spagnola però, nel suo insieme, questa rimane puramente indigena andina, e solo di questa zona descritta.

Il 16 dicembre dell'anno scorso, grazie alla sua antichità e al suo valore simbolico, la danza delle forbici è stata riconosciuta dall'Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità. Lo stesso discorso vale anche per la danza ''Huaconada di Mito'' della quale abbiamo già parlato sul primo bollettino ancor prima che l'Unesco emettesse il riconoscimento ufficiale.

William Zanatta
LA CHOZA DEL INDIO


Como signo de angustia y de llanto
solitaria en los Andes se ve,
cual paloma dormida en la breña
o cual gamo ariscando de pie.

Esa choza silente del Indio,
cual silente el lugar donde está;
urna triste que guarda un pasado
que su historia borrándose va.

¡Es el Inca, recuerdo muriente,
es su trono, en cashucha tornado;
si antes fue reluciente anda de oro
hoy es paja en rincón olvidado!

Como amante que muerta su dama
y aún creyéndola viva
por los riscos, las punas, las nieves
y entre ellas llorando está.

Pobre el Indio remonta su choza
donde sienta más hondo el dolor,
donde no oiga sus justos lamentos
los de toga y estirpe traidor.

El Búho